Il meraviglioso mondo di SEL

di Roberto Polidori

Lo scenario. Il candidato sindaco sostenuto da SEL a Taranto è Ezio Stefano: Nichi Vendola ha deciso. Per comprendere le motivazioni di questa candidatura “calata dall’alto” è necessario inquadrare brevemente la decisione alla luce di ciò che accade a livello nazionale e regionale, poiché Nichi è Presidente della Regione Puglia ma anche Presidente Nazionale di SEL.
L’appoggio “a tempo” di Vendola al governo Monti era subordinata all’attuazione immediata di tre azioni facili facili: patrimoniale, abbattimento delle spese militari, modifica della legge elettorale e successive dimissioni dell’esecutivo. Evidentemente azioni non così facili per il governo Monti, come preannunciato dai più “pessimisti”. Con il senno di poi possiamo affermare che il curriculum vitae dei membri dell’esecutivo parlava a favore di quelle tesi. Una brutta gatta da pelare per chi, come Vendola, si era posto l’obiettivo di unificare le forze di centrosinistra, soprattutto quando gran parte del centrosinistra, soprattutto la parte targata PD appoggia il Governo Monti.
Da quel momento in poi il problema di Nichi è stato duplice: 1) presentarsi come alternativa nazionale di “sinistra” a personalità di centro-sinistra un po’ troppo spostate al centro; 2) cercare di instaurare alleanze con partiti o pezzi di partito (PD) in modo tale da rappresentare una fetta importante degli elettori.
La foto di Vasto, con Di Pietro e Bersani, viene prepotentemente rispolverata dal cassetto in questi giorni, dopo la recentissima conferenza stampa nazionale al fianco di Di Pietro, quando Bersani ha deciso di riavvicinarsi all’IDV purché questo non parli di “inciucio” del PD con il Governo. Vendola, cioè, si pone come anello di congiunzione tra l’ala sinistra del PD e IDV (con tutte le differenze tra i programmi dei due partiti) senza appoggiare il governo in carica ma senza neanche condannarne in toto le azioni.

La situazione pugliese e tarantina. Ecco come un militante di SEL potrebbe voler giustificare “operazione Stefano”: “Vendola che, insieme, e’ presidente della Regione Puglia e Presidente Nazionale di SEL, non può accettare di perdere un insediamento di grande valore politico e mediatico qual’è Taranto con il suo sindaco che, anche se non iscritto al Partito del bi-presidente, viene visto dall’opinione pubblica come “vendoliano”.
Né è pensabile che il Presidente Nazionale di SEL possa accettare che in tutti i tre capoluoghi pugliesi nei quali si vota (Brindisi, Lecce e Taranto), il centrosinistra finisca per presentare TUTTI candidati sindaci in quota al PD.
SEL stessa, come partito, non può accettare di rinunciare “graziosamente” ad uno dei pochi sindaci che, in un modo o nell’altro, in Puglia ad essa fanno riferimento. Il risultato sarebbe il proprio indebolimento, per giunta a favore di un PD che, a quel punto, non avrebbe remore a proporre/imporre alleanze improprie (magari anche con FLI) che potrebbero costare gravi sofferenze politiche a SEL e reazioni fortemente critiche (se non di abbandono) da parte dei suoi militanti.
Da qui la scelta responsabile di quella parte della SEL tarantina che, fiduciosa nella forza propulsiva (proprio per SEL stessa) delle primarie, pur partendo dalla riconferma di Stefano, aveva continuato a non escluderle, sia in virtù di quella forza propulsiva, sia per garantire l’unità del centrosinistra. Ma solo e soltanto nel caso di presenza di più candidati sindaco.
Sfumata quella possibilità e in presenza di un compito più complesso, in quanto non piu’ limitato al solo scacchiere tarantino, e’ apparsa naturale una delega diretta allo stesso Vendola. E sta proprio in questo la scelta responsabile di cui si diceva prima: lasciare ad un unico player (Vendola, appunto) la gestione di una partita così delicata, nella speranza che la dimensione regionale valga a determinare equilibri più vantaggiosi e più stabili per SEL stessa.
Va letta in questo modo l’evoluzione della posizione di quelli che oggi, anche da certa stampa, vengono presentati come quelli che avrebbero “chinato il capo” di fronte ad una presunta “pressione” da parte di Vendola finalizzata alla ricandidatura di Stefano senza primarie”.
Sgombro il campo da ogni possibile dubbio: non sono un appassionato di primarie quando, al di là dei candidati, non esistono programmi alternativi validi; mi sembra, però, che una decisione del genere vada presa almeno dagli iscritti di partito. L’analisi appena esposta non nega un’evidenza accessibile a tutti: l’operazione è un compromesso politico. Aggiungerei che le giustificazioni di questo compromesso presentano onestamente alcune incongruenze macroscopiche. La “ragione di partito” invocava il sacrificio delle primarie a Taranto, va bene. Ma non si può dare a bere all’opinione pubblica che lasciare nelle mani del PD la gestione delle cose potrebbe significare ritrovarsi a dover gestire alleanze con il FLI quando le aziende tarantine municipalizzate annoverano tra i propri massimi dirigenti alcuni tra i più noti esponenti di destra; mi risulta, tra le altre cose, che la presentazione della lista del sindaco sia stata onorata dalla presenza di un ex membro della giunta Di Bello. “Lasciare ad un unico player la gestione di una partita così delicata”, poi, ha un grave inconveniente: puzza di decisione presa ignorando il luogo deputato per una decisione del genere, cioè l’assemblea degli iscritti (anche se, oggettivamente, i documenti congressuali SEL prescrivono altro). Ancora: è troppo facile ricordare che Vendola è nato e si è riconfermato con le primarie contro tutto l’apparato e grazie all’espressione popolare diretta. Evidentemente la ragione politica lo ha fatto stavolta propendere per “la regola del buon senso” suggerita dall’assessore Fratoianni; anzi lo ha convinto ad andare oltre: «Organizziamole, le primarie, nelle città che sono guidate dalla destra e per i sindaci che sono al secondo mandato».
La domanda semplice semplice che faccio e mi faccio è questa: non esiste proprio un’alternativa credibile a Stefano per la città di Taranto?

2 Comments

  1. Anonymous February 1, 2012 1:18 am 

    perchè l’analisi, probabilmente fondata, non corra tuttavia il rischio di risultare ellittica o, peggio ancora, capotica, una prece: fuori il nome

  2. Anonymous February 1, 2012 11:08 am 

    complimenti Roberto! Un articolo che riporta con chiarezza una delle verità che si dispiegano in questo momento politico così caotico.

    Luca Occhionero

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