Cozze: la fine del nostro “oro nero”

di Greta Marraffa

Le mani e i volti segnati dalla fatica e dal duro lavoro, compongono un  quadro neo-realista a tratti quasi fiabesco, dal retrogusto nostalgico, legato alle storie degli antenati  e alle tradizioni. “L’oro nero” di questa città, circondata quasi totalmente dalle acque limpide dello Jonio, si  accinge alla sua estinzione e, con esso, giunge lo smarrimento della memoria collettiva e del senso di appartenenza.

E’ stata firmata due settimane fa dal dr. T. Ripa, direttore dei servizi Veterinari della ASL, l’ordinanza con la quale si ordina la raccolta e la distruzione di 20.000 tonnellate di cozze allevate nel primo seno del Mar Piccolo. I risultati delle analisi effettuate lo scorso maggio rilevano una  contaminazione dei mitili nostrani da PCB diossina-simili, superiore alla soglia consentita dei 6.5 picogrammi/grammo, come espressamente previsto da disposizione legislative europee (Reg. CE n° 1259/11 entrato in vigore il 1° gennaio 2012).

La crisi ambientale ed emergenziale nel seno del Mar Piccolo, già scoppiata nel 2010, aveva sin dall’inizio preoccupato pescatori e mitilicoltori, che dalla scorsa estate, dopo l’applicazione dell’ordinanza 1989 emessa dall ‘Azienda Sanitaria Locale con la quale si ordinava il blocco del prelievo e della movimentazione di tutti i molluschi , aveva reso completamente “fuorilegge” l’attività dei mitilicoltori, dal momento che questi non avevano più alcun tipo di concessione, autorizzazione e certificazione idonea né per gli impianti della Asl, né per concorrere a ricevere eventuali fondi stanziati dalla regione.

Il tavolo tecnico dello scorso 25 Maggio, a cui hanno partecipato rappresentanti degli enti comunali e regionali, ha rinnovato la decisione di trasferimento dell’attività di mitilicoltura dal I Seno a Mar Grande.

Quale la preoccupazione degli allevatori? Essi non vogliono spostare i loro impianti dal primo seno del Mar Piccolo perché non si fidano delle così definite “attività di risanamento ambientale dell’area del I seno del Mar Piccolo” di cui si legge nel comunicato del suddetto tavolo tecnico.

“Se si vuole conservare Taranto come  la culla della mitilicoltura, bisogna agire assolutamente nell’immediato”.  Ileana è  neo-laureata. Non è una delle tante, ha studiato qui a Taranto, nella sua terra, tra i suoi odori e le sue bellezze. Ha conseguito una laurea in Scienze della Maricoltura, Acquacoltura e Igiene dei Prodotti Ittici. Un corso di laurea in “via d’estinzione”.

“Gli allevatori di cozze  non hanno un sindacato, detengono scarsi strumenti di protezione e di tutela. Siamo giunti in un punto di non ritorno” -così Ilena, con lo sguardo perso e malinconico, sostiene sommessamente.  “L’emergenza ambientale legata alla contaminazione del Mar Piccolo è scoppiata nel lontano 2010, come mai da allora ci si è mossi così lentamente? Perché il sindaco, seppur detenendo ampi poteri discrezionali, non ha agito nell’immediato?”

Tanti interrogativi nello sguardo e nella mente di Ilena. I sogni, le aspirazioni e lo studio di una vita, disillusi e spezzati con una semplice ordinanza scritta.

“I miticoltori non si fidano ”-sostiene Ileana-“ sono legati alle tradizioni, al proprio modo di coltivare la cozza, dietro quei movimenti, quei ritmi sempre uguali dal lontano 1700.”

L’allarme ambientale scoppia già nel 2010 attraverso un’analisi e uno studio svolto  dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale), contenenti l’elaborazione e la valutazione dei risultati della caratterizzazione di un parte del Mar Grande (secondo lotto) e del Mar Piccolo.

Quello che emerge è un quadro inquietante, frutto di anni di inquinamento incontrollato.

Si legge nella relazione: «Dall’osservazione dei risultati analitici relativi all’area indagata, si evidenzia una contaminazione che interessa l’area adibita a mitilicoltura, l’area compresa tra la Secca della Tarantola ed il Ponte Girevole e l’area sotto costa antistante la città di Taranto. Tale contaminazione coinvolge i sedimenti almeno sino al primo metro di profondità, con qualche limitata presenza di superamenti dei valori di intervento anche nei livelli più profondi. Prevalentemente essa è dovuta a metalli ed elementi in tracce, in particolare Mercurio (Hg) e Zinco (Zn), e, in misura minore, Rame (Cu), Piombo (Pb) ed Arsenico (As)».

Uno scenario raccapricciante, contornato dalla presenza nefasta ,di grandi stabilimenti inquinanti e dell’arsenale Militare.

A Tal proposito, uno degli elementi più contaminanti, individuati nelle acque del Mar Piccolo, è il P.C.B, una sostanza ritenuta pericolosa già negli anni ’80. Avendo un peso specifico differente da quello dell’acqua, si sedimenta sul fondale. Filtrato dalla cozza e “digerito” dal gamberetto, arriva “dritto dritto” sulle nostre tavole.

Ma come mai c’è la presenza di questa sostanza, seppur da ormai lunghi anni, completamente cassata?

Bisognerebbe chiederlo all’Arsenale Militare, ai Cantieri Tosi e al loro modo di intraprendere processi di manutenzione navale, utilizzando vernici, contenenti in larga misura questa sostanza”- continua impavidamente Ileana: “bisognerebbe capire se la contaminazione è legata al passato o  c’è ancora oggi qualche “rubinetto aperto”, che sversa nei nostri mari sostanze tossiche. Si discute della presenza di una falda inquinata ,  nei pressi di Statte: il “pozzo degli orrori” collegato direttamente all’attività di una ex discarica nelle vicinanze. Quale la verità?”

L’assessore Regionale alle Politiche Ambientali afferma: “Bisogna bonificare, individuare e chiudere le fonti di produzione di inquinanti”. Una rivelazione che lascia senza fiato, una poesia sentita e risentita che assomiglia quasi ad una barzelletta, quella che dopo un po’ non suscita ormai alcuna risata.

Ileana è disillusa, ma cerca di concentrare le sue energie e le sue passioni, ogni giorno alla “Torre dell’Orologio” situata in Piazza Fontana nei pressi del Borgo Antico di Taranto, all’interno del quale è stato allestito un: “percorso”  storico-scientifico inerente al legame della città con le attività marinare soprattutto quelle oramai dimenticate dai cittadini stessi, tra foto del passato ed intense ed appassionanti visite guidate.

Ilena è una collaboratrice dell’associazione tarantina le “Sciaje”, vincitrice del concorso Principi Attivi 2010 – Giovani Idee per una Puglia Migliore. Il termine stesso, utilizzato per denominare l’ente associativo, luogo di Mar Piccolo dove si coltivano i mitili e le ostriche attraverso la metodologia tradizionale Tarantina.

Mi mostra con estrema gentilezza la sua tesi di laurea, proprio in Maricoltura. La sua facoltà non registra immatricolazioni da ormai tre anni. “Gli studenti non trovano stimoli positivi, non hanno gli strumenti giusti per poter studiare e fare ricerca, eppure un corso di laurea in maricoltura nella città dei due mari (unico in Italia) non sarà stato di certo fondato per casualità: sono disinteressati ed apatici”- Ileana quasi se ne vergogna- “inoltre i professori essendo del barese purtroppo conoscono poco  questa terra e le sue bellezze marine.”

Riascoltiamo nuovamente un triste leit-motiv: questa città si afferma “impero” dei paradossi e delle contraddizioni. Solo tramite la memoria della sua storia, collaborazione e positività si potrà dare una svolta decisiva.

1 comment

  1. Anonymous June 27, 2012 3:48 pm 

    Ho letto questo articolo e quello riguardante l’azione legale che l’ilva ha intrapreso nei confronti di mattacchiera e mi sono incazzato; non per la prepotenza dispotica dei signori Burns di Taranto, ma per l’ignoranza imperante che permette loro di comportarsi in questo modo. Quando si parla di chiusura o ridimensionamento delle grandi industrie gli ignoranti usano rispondere: e dove va dopo la gente a lavorare? La mia domanda a questo punto però è un’altra: i mitilicoltori e pescatori della città vecchia, i “massari” di Statte, adesso, potranno andare a lavorare all’ilva? O il loro posto di lavoro vale meno di quello di un operaio? Il pastore, il mitilicoltore, il contadino, il pescatore, non sono “posti di lavoro”? G. Tinelli

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