Un’altra Taranto, partendo dal porto e da una Fondazione

di Serena Miccoli

Il modello per Taranto? Bilbao. O meglio, quello della Fondazione Solomon R. Guggenheim.

Le classi dirigenti tarantine, riunite sabato nella Sala Conferenze della Cittadella della Carità, hanno esplicitato le proprie intenzioni per dare una svolta al futuro sviluppo economico della città, con o senza Ilva.

La proiezione del servizio di «Presa Diretta» sulla Ruhr, l’intervento del presidente dell’Accademia degli Audaci sul caso Bilbao: passaggi di una rassegna di modelli già visti dai tempi della campagna elettorale per le comunali. Ma dalle parole del presidente della Banca di Taranto Lelio Miro, nella seconda sessione dell’incontro, si sono configurati i contorni di un progetto che ha poco dell’utopia o dell’inflazionata parola dell’incontro sogno: «questo mercoldì avremo conferma della prima dotazione patrimoniale per la Fondazione».

Facciamo un passo indietro.

Nell’agosto tarantino, qualche giorno prima dell’incontro dei ministri Clini e Passera in Prefettura a Taranto con il dott.Ferrante, l’Arcivescovo, le istituzioni e le sigle sindacali, e del conseguente corteo, poi convertito in manifestazione, dei cittadini, si riunivano gli ordini professionali, le associazioni di categoria, fondazioni, le associazioni culturali, gli istituti bancari locali per rivendicare il proprio diritto alla parola sul futuro della città, chiedendo, per mezzo di un documento di prendere parte all’incontro in Prefettura.

La proposta della Fondazione, ed il suo compimento, potrebbe essere figlia di quella comunione d’intenti manifestata in quei giorni concitati.

Quella che sembrava, alle prime battute e per i non addetti ai lavori, solo una proposta è stata introdotta dal presidente dell’Accademia degli Audaci, dott. Giuseppe Russo, nella prima metà dell’evento “Un’altra idea per Taranto…riconversione urbana…un’idea per un’altra Taranto”: una Fondazione Archita 2030 capace di fare per Taranto ciò che la Fondazione Guggenheim ha fatto per Bilbao. Fondamentali nella propria composizione – da fondazione di partecipazione o agenzia partecipata, come uno dei relatori ha sostenuto? – soggetti come la costola tarantina dell’Università di Bari e l’Autorità Portuale. Quest’ultima, in particolare, è protagonista del futuro prossimo di una rigenerazione economica, grazie anche all’emanazione del “Decreto per Taranto”. Il prof. Prete ha illustrato gli interventi che investiranno il porto: rafforzamento dei collegamenti ferroviari, l’approfondimento dei fondali, la piattaforma logistica, la costruzione della diga frangi flutti, l’adeguamento della banchina del Terminal Container, la realizzazione della vasca di colmata per i fanghi di dragaggio e la riqualificazione del Molo San Cataldo. Su quest’ultimo intervento, e in virtù della posizione del Molo, Prete aggiunge «la riqualificazione urbana partirà dal porto. Taranto da città con il porto, diverrà città portuale». Prevista, infatti, la realizzazione di un Centro Polivalente, con funzioni di stazione marittima, spazio espositivo, correlato da ristorante e auditorium. È inoltre in atto uno studio per l’utilizzazione della banchina torpediniere per scopi turistici.

Tutto conduce ad una volontà di svincolare lo snodo portuale – e emancipare l’impreditoria tarantina – dalla massiccia presenza delle attività Ilva, dal cui destino dipendono alcuni possibili scenari e opportunità per il porto tarantino: la chiusura dello stabilimento siderurgico, così come la riduzione della propria attività, porterebbe a una totale o parziale liberazione (a seguito di una ricontrattazione da parte dell’Autorità Portuale) delle banchine, mentre la chiusura dello stabilimento e la bonifica delle banchine comporterebbe un loro inutilizzo.

Sul porto, in sostanza, si gioca un’importante partita, attorno alla quale nessuno dei soggetti intervenuti non vuole rimanere fuori.

Altro elemento dell’ “altra idea per Taranto” è l’investimento sulla cultura, introdotto dall’immagine delle splendide volumetrie dell’edificio nato dalla mente di FRANK O. Gehry che riaffiora fra le slide del dott. Russo. L’indotto dell’industria culturale (ne abbiamo parlato nello scorso numero) è guardato con molto interesse ma anche con timido timore da parte dei protagonisti dell’incontro, tanto da reputare «coraggioso» ma vantaggioso il puntare sulla cultura, attraverso fondi, investimenti da attori privati stranieri così come locali, magari attraverso la crezione di un brand che attiri tali investimenti. In questo contesto non si capisce bene come, ma si pronunciano parole come “bene comune”, ma dopo il loro utilizzo da parte del Pd non c’è più nulla di cui scandalizzarsi.

Alla tavola rotonda colpisce la presenza del consigliere Angelo Bonelli: uno dei punti chiave della propria campagna elettorale fu il progetto SMART CITY per Taranto e una progettualità molto assimilabile alle proposte  avanzate dalla oramai chiaramente neonata Fondazione¹. Dalle parole di uno dei partecipanti all’incontro si accenna, fra l’altro, a precedenti dialoghi e sintonie fra gli aderenti alla Fondazione e la lista “Rinascere” a sostegno di Bonelli – quella del consigliere Laruccia, per intenderci.

Alla domanda della moderatrice, circa la sua partecipazione alla Fondazione, Bonelli risponde: «Sono d’accordo con la proposta della fondazione, ma se ne dovrebbero far carico le istituzioni», e poi seguita con un discorso che si colloca nella discussione fra soggetti politici in atto su Taranto. La stessa domanda, cioè il coinvolgimento questa volta della Regione Puglia nei propositi della Fondazione, rivolta all’assessore regionale Pelillo, produce una risposta che non coglie la soddisfazione del quesito.

Qui si esaurisce la cronoca dell’evento.

Il dipinto che, l’estimatore d’arte e architettura prof. Russo, ha reso emblema degli obiettivi che la Fondazione si prefigura – Città ideale di Baltimora² – costituisce la rappresentazione figurativa di una città che risponde alla perfezione dettata dai canoni rinascimentali, architettonici così come politici. I canoni sono però soggetti al tempo e alla storia, ed anche il più abietto alle arti noterebbe con gli occhi del nostro oggi, a ben sei o sette secoli di distanza, di eventi e rivoluzioni, la sovrabbondanza di alcuni dettagli, ma soprattutto, l’assenza l’elemento fondante nella concezione sociale e urbanistica delle piazze: gli uomini.

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¹ Il nome della Fondazione è presentato dal dott. Russo come “Archita 2030”, ma questa intestazione viene citata solo durante la propria presentazione

² Fra Carnevale (?)
Tempera su tavola, cm. 80,3 x 220 x 3,2 supporto ligneo
BALTIMORA (USA), Walters Art Museum

2 Comments

  1. mafalda quino October 29, 2012 10:16 am 

    “…ma soprattutto, l’assenza l’elemento fondante nella concezione sociale e urbanistica delle piazze: gli uomini” che i potenti del Mondo sempre più “preferiscono”.

    .

  2. giacomo October 29, 2012 11:34 am 

    ottimo articolo e ottima iniziativa.
    qui a taranto abbiamo la pessima abitudine di bocciare nuove iniziative senza proporne altre concrete in alternativa. speriamo che non cominci la solita caccia alle streghe.

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