L’attesa e la paura del carbone

di Cosimo Spada

 

Sto iniziando quest’articolo alle ore 15:49 della domenica, ovviamente non farò in tempo a consegnarlo fra esattamente 11 minuti. Ma cari Andrea Cazzato e Pietro Rizzi non convenite con me che l’attesa sia un momento sublime e che renda l’appagamento di quell’attesa maggiore…? Ah, non convenite…? ….Come dite? È pronto il treno per la Siberia? Ok, mi sbrigo subito. Però lasciatemi dire un paio di cose, che oggi non sappiamo più aspettare; eh sì anche io sto cadendo nel vortice della paternale. Anni e anni di download rapido hanno annullato, se non ridotto ai minimi termini l’attesa di un disco o di qualsiasi altra cosa. Ma non possiamo lamentarci, ogni evoluzione tecnologica comporta sempre una perdita per ottenere in cambio un beneficio. Ma fortunatamente certe dinamiche rimangono in piedi nonostante l’evoluzione tecnologica, nel bene e nel male. Come quella volta in cui da piccolo aspettavo la calza della Befana e al mattino mi ritrovai il mio calzino con tre caramelle e del carbone vero. Mia madre mi disse che ero stato cattivo e che la Befana mi aveva punito. Tutte quelle ore di attesa buttate al vento così. Ci fosse stato almeno più carbone avrei acceso il fuoco. Ma le attese sono questo, un gioco d’azzardo nel quale le tue speranze possono infrangersi contro le convinzioni di una madre che crede di dover dare un insegnamento ed invece sta solo forgiando un possibile tossicodipendente. In fatto di musica, anche se il file sharing ha di molto diminuito i tempi d’attesa, queste ci sono ancora; e il carbone è un rischio neanche tanto lontano. Capita però che qualcuno decida di non assecondare questa frenesia dei giorni nostri, che sostanzialmente si prenda i suoi tempi, come quegli studenti che non finiscono la versione di latino nelle due ore previste per il compito in classe (ok ero io, ma non volevo fare il presenzialista). La storia dei My Bloody Valentine in questo senso è emblematica. La band nacque negli anni 80 e dopo numerosi EP fecero uscire il loro primo album: Isn’t Anything, del 1988 a cui dopo tre anni, ed altri EP si aggiunse Loveless. Considerato dalla maggior parte dei critici un capolavoro e uno degli album di maggior influenza degli anni 90. Il marchio di fabbrica dei MBV era rappresentato dal magma sonoro che riuscivano a creare con le chitarre, nel quale affogavano la batteria e la voce, che in contrasto con quel caos era lieve, quasi inconsistente. Quel caos fece colpo e i critici non riuscendo a decifrare quella musica coniarono un nuovo genere per descriverla: la definirono “showgaze”. Qui entrano in gioco le attese. Eh sì perché quando pubblichi un album che tutti definiscono capolavoro e che diventa la prima pietra su cui costruire un nuovo genere, tutti si aspettano che tu continui a tirar fuori uova d’oro. I MBV fanno un percorso inverso. Iniziano a lavorare in maniera saltuaria al nuovo disco e iniziano a diradare la loro attività dal vivo. Il leader e mente della band Kevin Shields alle insistenti domande della stampa sulla prossima uscita del nuovo album dichiara che prima di morire ne uscirà uno nuovo….. L’attesa del nuovo album diventa leggendaria tanto quanto quella del nuovo album dei Gun’s and Roses, Chinese Democracy, e come per quest’ultimo ciclicamente escono sui giornali e blog indiscrezioni sulla prossima uscita che poi vengono puntualmente smentite. E poi ci sono le paure, ve la ricordate la storia del carbone di poco prima? “E se quando uscirà il nuovo album farà schifo?”. Si dicono i fans, dopotutto quando finalmente uscì Chinese Democracy non fu niente di speciale. Alcuni critici arrivano a sperare che non esca mai, e continuare a vivere in quell’attesa, come fossero rinchiusi in quel capolavoro dell’attesa che è “Il deserto dei Tartari” di Buzzati. Questo gioco di attese e smentite andrà avanti per ben ventidue anni. Ma proprio come nel capolavoro di Buzzati, i Tartari alla fine arrivano (SPOILER!!!!), così anche i MBV dichiarano la prossima uscita del nuovo anno, solo che lo fanno nel 2007; mentre l’album uscirà solo nel 2013. Con una storia passata del genere anche l’uscita del nuovo album non poteva essere ordinaria. Nella notte tra sabato e domenica tra il 2 e il 3 febbraio, sul proprio profilo Twitter, Kevin Shields dichiara che il nuovo album sta per uscire, e che si potrà trovare in download digitale e in pre ascolto su loro sito, il titolo è la sigla del loro nome MBV. E qui è il caos. Su Twitter sono migliaia i messaggi che si susseguono, tutti assaltano il sito della band, che finisce offline. Bisogna avere pazienza ok, ma tutto ha una fine. Alla fine i MBV decidono di spostare l’ascolto dell’album su Youtube e tutte le nove tracce che compongono l’album ricevono migliaia di visualizzazioni in pochi minuti. L’album rappresenta una sorta di passaggio; la prima parte dell’album è in continuità con quanto in precedenza fatto dalla band: c’è ancora quel magma sonoro, che anzi qui sembra ancora più esteso, c’è ancora la voce delicata di Blinda Butcher a fare da contraltare a questo impero del caos sonoro. Nelle ultime tre tracce però la band sperimenta, indicando forse una possibile futura strada, in pezzi come “In Another Way” o “Nothing Is” e”Wonder 2” si avvertono le influenze di musica elettronica come la Jungle. E le reazioni, una per tutti la rivista on line Pitchfork, la bibbia dei fighetti musicomani normalmente spietata con tutti, attribuisce all’album il voto di 9.1, una rarità e parla dell’album in termini estasiati. Qualcuno nella calza non ha trovato il carbone.

2 Comments

  1. Selezionatore per Novosibirsk February 11, 2013 10:58 am 

    Corridoio o finestrino?

  2. Mimmo Spada February 11, 2013 5:58 pm 

    Finestrino sempre

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